19 luglio 2017

Via D’Amelio, Palermo, 19 luglio 1992

Il giudice Paolo Borsellino usciva da casa di sua madre. Lo aspettavano i sei agenti della scorta: Agostino Catalano, Walter Eddie Cosina, Emanuela Loi, Claudio Traina, Vincenzo Fabio Li Muli e Antonio Vullo, l’unico sopravvissuto.

Saltarono in aria: una Fiat 126 era stata caricata con 90 chili di esplosivo. Ventiquattrore dopo, Borsellino avrebbe dovuto raccontare ai procuratori di Caltanissetta le confidenze del suo collega Giovanni Falcone, ucciso con la sua scorta e la moglie il 23 maggio.

Paolo Borsellino aveva detto giusto qualche giorno prima che dopo la strage di Capaci (il 23 maggio 1992) si sentiva “un morto che cammina”. Intorno alla sua morte ancora adesso tantissimi dubbi,
a partire dalla famosa agenda rossa dove il giudice annotava tutto e che nessuno ha ritrovato sul luogo della strage.

A 25 anni dalla bomba che uccise Paolo Borsellino, a soli 57 giorni dalla strage di Capaci, ferite ancora aperte, che non potranno essere sanate fino a che non sarà data piena risposta a questi interrogativi irrisolti.

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